Restare in Italia a far da paravento agli imbecilli

Il Politecnico di Milano festeggia il 132 posto, la Sapienza di Roma il 134 e l’Università di Padova il 219 e l`Italia annuncia entusiasticamente questi piazzamenti nella classifica mondiali delle migliori università ha pubblicato nel giugno 2023 stilata da QS World University Ranking. Le Università italiane rilasciano  titoli fasulli, “pezzi di carta” che hanno identico valore a prescindere dall’Ateneo che li rilascia e che servono solo a chi ha un tavolo su cui spenderli o come alibi per giustificare scelte clientelari. 

L’Università è solo una componente del sistema educativo per cui, senza una scuola efficiente e senza vie di accesso al lavoro meritocratiche, rappresenta un parcheggio per i giovani sempre meno disposti a passare il tempo sui libri per, se fortunati, trovare un lavoro non gratificante e malpagato. Dall’educazione familiare i figli traggono l’atteggiamento ed il modo di affrontare la vita. I figli pensano senza fretta al lavoro mentre i genitori non li spingono a crearsi una vita fuori dalla famiglia che,  non esistendo una rete sociale su cui fare affidamento, rappresenta l’unico efficace ammortizzatore e l’unico ufficio di collocamento che funzioni.  La famiglia si sostituisce allo Stato nel sostenere, fino in età avanzata, i figli e nel fornire assistenza agli anziani. Per combattere la “lotteria genetica” sarebbe necessario mettere al centro gli studenti e non costruire la scuola in modo funzionale alle necessità di chi ci lavora dentro. Ricercatori, dottorandi e professori chiedono “più fondi per l’università e posti di lavoro stabili e lo Stato li asseconda ignorando la farsa dei concorsi a cattedra.  Fin quando gli studenti chiedono di calmierare il prezzo degli alloggi, trovano la solidarietà dei cattedratici che pretendono l’aumento degli investimenti per l’Università e la ricerca, ma sono irremovibili nel sostenere che il responsabile della gestione dei fondi sia un soggetto interno al sistema, mischiando la didattica con i soldi.  Il ricercatore è un “posto fisso”, dal quale con “la raccolta punti” si arriva alla cattedra, anche questo posto fisso, imperdibile e garantito a vita, che consente, al riparo di un’elevata e costante retribuzione mensile di svolgere altra attività, partecipare a commissioni ministeriali, beneficiare di lucrose consulenze e svolgere la professione libera, senza  rischio. Nei Paesi seri i professori insegnano e basta ma da noi è solo un trampolino di lancio verso luminose carriere. La cattedra, in un Paese agricolo, e che tale è rimasto, comunque ottenuta, conferisce prestigio, visibilità, credibilità e fa lievitare i compensi. Così, ad esempio, una visura camerale ha fatto emergere come Enrico Laghi, professore ordinario di Economia Aziendale alla Sapienza di Roma e docente di Analisi Contabile al Corso Superiore della Scuola di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza,  Laghi è titolare di uno studio che nel 2017-18 ha fatturato circa 10 milioni di euro ed accanto accanto a consulenze, aveva nel 2017, numerosi incarichi (il Corriere della Sera ne aveva contati 24), tra un commissariamento e l’altro, tra la gestione commissariale di Air Italy, quella dell’Ilva e quella di Alitalia, approdando infine al vertice del gruppo Benetton. L’attaccamento ai figli e le necessità elettorali si saldano nella creazione di oltre 127 piccole università sotto casa, ciascuna costretta a dipendere dalle istituzioni, e quindi dai politici, per i finanziamenti: il prezzo è la perdita di autonomia o il discredito del titolo di studio. Senza un serio controllo della qualità dell’insegnamento e senza parametri di selezione degli studenti tutte le riforme sono inutili elucubrazioni legislative. Ma i professori non tollerano alcuna interferenza e la classe politica li accontenta lasciandoli crogiolare nella loro autoreferenzialità e disperde le risorse per accontentare l’elettorato. Buttare risorse in questa università senza aver prima cambiato le regole significa aumentare quei privilegi, che si dice di voler ridurre. favorire la fuga dei cervelli ed evitare l’afflusso di studenti dall’estero. Ma sorge un dubbio. E se il sistema, cosí congegnato facesse parte di un’astuta e diabolica strategia partorita da menti raffinatissime per spianare ai peggiori la strada verso il successo ?

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