Riusciranno i nostri eroi a rifilare ITA alla Lufthansa ?

Alitalia assurge a simbolo del fallimento del Paese, la sua storia coincide con la storia d’Italia e con quella di un capitalismi parrocchiale, collusivo senza capitale umano e senza mercato. In essa ci sono tutti gli ingredienti di un film da incubo di cui non si riesce mai ad intravedere il finale. Infatti, tutto scivolava liscio, montagne di denaro giravano, nessuno leggeva e controllava i bilanci, fino alla liberalizzazione del trasporto aereo degli anni ‘70. Da allora la fu Compagnia

ha bruciato decine di miliardi di soldi pubblici, attraversando, tre nazionalizzazioni, quotazioni in Borsa, mancate fusioni, fallimenti e capitani che trovavano il coraggio solo davanti alla prospettiva di accaparrarsi soldi pubblici e passando attraverso grandi scandali e piccle ruberie, tutti uguali nella progettazione, nello sviluppo e nella costante impunità di quelli che avevano concorso a realizzarli, per le coperture istituzionali di cui beneficiavano gli autori. Su di essa si sono arricchiti, burocrati corrotti, militari infedeli, imprenditori senza capacità imprenditoriali, faccendieri senza scrupoli, prelati senza Dio, politici voraci, esperti diventati tali per decreto, nove sigle sindacali irresponsabili ed eserciti di consiglieri e consulenti la cui attività è spesso tracimava nel concorso. La Compagnia era afflitta sempre da debiti, insolvenze, conflitti d’interesse e collaudi fatti “nei ristoranti di pesce”. E un suicidio ed un incidente stradale le cui dinamiche non sono mai state del tutto chiarite, troppo tempestivo per non destare sospetti. E c’è un’Italia stracciona che corre a mungere la mucca: piloti ed assistenti di volo strapagati, conferimenti sopravalutati, rotte ad personam, l’acquisto di un aereo presidenzale ed i vertici che cercano di arricchirsi e di aiutare famiglia e famigli. Dall’Aeroporto di Fiumicino costruito su un terreno pagato 734.000 mila lire all’ettaro mentre i terreni attigui erano stati pagati 60.000, il costo preventivato di 15 miliardi di lire ha superato gli 80, doveva essere ultimata per il giubileo del 1950, viene consegnata con 15 anni di ritardo e la pista principale sprofonda al primo atterraggio. La commissione d’inchiesta minimizza, la Procura archivia e tutto finisce a tarallucci e vino. Infatti alla radice del disastro la politica che ha gestito la compagnia con la bussola elettorale per farvi convergere assunzioni, nomine e richieste di favori. travasando gli incarichi attraverso le relazioni personali subordinando i piani industriali alle necessità clientelari del politico di turno. Dopo l’ennesimo fallimento il governo, per risolvere il problema senza portare i libri in tribunale, ha costituito una nuova mini compagnia, interamente pubblica, di dimensioni troppo ridotte per stare da sola sul mercato e senza la discontinuità, rispetto al passato, richiesta dall’Europa cercando di rifilarla a Lufthansa i cui manager non subiscono interferenze politiche. Non serve la palla di vetro per pronosticare che la compagnia tedesca, di fronte alla richiesta della UE di tagliare alcune molto redditizie rotte transoceaniche, rinunci all’acquisizione. E la giostra ricomincia.

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