Salvano l’Ilva ed il genocidio dei tarantini continua …

Senza risalire al quinto centro siderurgico, promesso per sedare la rivolta di Reggio Calabria e mai realizzato, ai processi penali nei confronti dei dirigenti Ilva tutti definiti con condanne per disastro ecologico, avvelenamento di sostanze alimentari, emissioni di sostanze inquinanti ed inquinamento atmosferico che si conosce la pericolositá dell’acciaieria fino alla sentenza della Cassazione (sent. n. 38936 del 28 settembre 2005) che aveva condannato i dirigenti dello stabilimento Ilva di Taranto per inquinamento atmosferico, scarico di materiali pericolosi ed emissioni di particolato, la cui produzione era proseguita nonostante gli accordi conclusi con le autorità territoriali.  Il Gip di Taranto, Patrizia Todisco, dopo l’esame delle perizie dalle quali emergeva che l`Ilva produceva gas e vapori pericolosi per la salute e che le polveri di ferro e carbone, stoccate nei parchi scoperti, producevano emissioni nocive per l`ambiente e la salute, il 25 luglio 2012 firmava un’ordinanza, con la quale disponeva il sequestro preventivo, senza facoltà d`uso, degli impianti Ilva di Taranto, nominando un custode per l’amministrazione dei beni sequestrati”. Il quale proponeva ricorso, chiedendo la revoca del sequestro, rigettato dal Tribunale del Riesame. Gli operai bloccavano le strade e le piazze di Taranto, la città agonizzava ed il Movimento 5 Stelle raccoglieva una montagna di voti con la promessa, non mantenuta, di chiudere l’acciaieria.  Il 2 agosto 2012, nel centro di Taranto, mentre era in corso un comizio di Cgil-Cisl-Uil che attaccavano la magistratura, i leader sindacali, erano costretti a scappare da una folla inferocita che si organizzava nel Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti che raccoglieva le forze della società civile a sostegno alla magistratura. L’11 agosto 2012 i carabinieri del notificavano all’Ilva il provvedimento, che disponeva la rimozione di Bruno Ferrante per manifesta incompatibilità fra il ruolo di legale rappresentante dell’Ilva e quello di custode giudiziario. Ma il giorno successivo il guardasigilli, Paola Severino, chiede gli atti ed i provvedimenti del Gip di Taranto e la politica si mobilitava per “la vicenda drammatica che coinvolge migliaia di lavoratori e le loro famiglie” e ricorreva alla Corte Costituzionale sostenendo che la decisione del Gip menomava il potere del Governo di decidere la politica industriale. Il presidente del consiglio Monti ed il ministro dell’Ambiente Corrado Clini, dopo aver chiesto al Guardasigilli se fosse possibile scovare appigli giuridici per salvare l’azienda, il 3 dicembre 2012 varavano il decreto n. 207 (Salva-ILVA) convertito dal Parlamento il 24 dicembre 2012 nella legge n. 231, con sorprendente velocità, nonostante l`imponente manifestazione del 15 dicembre 2012 dei cittadini di Taranto a sostegno dei magistrati che avevano sequestrato l`impianto. Il decreto paralizzava l’azione dei magistrati ed avrebbe dovuto consentire all’Ilva di continuare l’attività per altri 36 mesi per adeguare gli impianti ai nuovi standard e di “allinearsi agli standard ed alle indicazioni Ue”. Non si era mai vista, una legge emanata per sospendere un sequestro.  Per vigilare sull’ammodernamento il governo Monti nomina “garante per l’Ilva”, in carica per qualche mese sostituito da un commissario straordinario nominato dal subentrante governo di Enrico Letta nella persona di Enrico Bondi che fino al giorno prima della nomina era stato l’amministratore delegato dell’Ilva scelto dalla famiglia Riva, proprietaria della fabbrica e che sosteneva che ”alcool e sigarette erano concause importanti dell’aumento dei tumori”. Il 30 ottobre 2012 muore Claudio Marsella, un dipendente che lavorava al movimento ferroviario nell`area portuale dell`Ilva, che” era il 45mo morto sul lavoro all`Ilva di Taranto dal 1993. Il 28 novembre 2012 muore, all’interno di una gru, “in pessimo stato di conservazione” e priva del “fermo anti uragano” che crolla trascinandolo in mare, Francesco Zaccaria. Da allora all’Ilva é successo di tutto dal procuratore capo mandato a Taranto per agevolare il patteggiamento, al Presidente del consiglio che andava a trovarlo spesso e che si faceva scrivere i decreti dal commissario straordinario nominato nonostante il colossale conflitto in cui navigava, fino agli incarichi professionali conferiti per compiacere il capo della procura. Ma il dibattito coinvolge solo l’impresa, i lavoratori e l’indotto escludendo tutti i cittadini di Taranto della cui salute nessuno si preoccupa. Dal provvedimento della Todisco sono trascorsi 12 anni e, da allora, il genocidio continua.

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