Il modello italiano di professione forense rifiuta l’assimilazione all’impresa e riconosce esclusivamente le dimensioni individuali e artigianali dello studio. Più che un modello è la metafora di un sistema chiuso e corporativo che ama le aree protette e non vuol sentir parlare di liberalizzazioni e mercato. Mentre nel 1970 la legge americana ammetteva la possibilità di esercitare la professione forense anche attraverso società di capitali, equiparava le libere professioni al “Trade of commerce”, assoggettandole alla normativa antitrust e vietando la fissazione di tariffe come una pratica di “price fixing”, la nostra Corte Costituzionale sanciva il principio che il libero professionista, avendo solo un obbligo di comportamento e di diligente impiego di mezzi, non correrebbe alcun rischio imprenditoriale. Si utilizzava la definizione del nostro codice civile per vanificare la normativa comunitaria secondo la quale il rischio è quello di non riuscire a coprire i costi con i ricavi.Il risultato ? Mentre il mercato europeo della consulenza cresce ad un ritmo annuo superiore al 15% l’Italia è in corso un processo di colonizzazione da parte degli studi stranieri che si affacciano sul nostro mercato utilizzando strumenti giuridici propri del diritto societario. Oggi la centralità assunta dagli interessi rende improponibile l’idea che la professione legale possa essere esercitata non per ricavarne un utile ma per detenere uno status o per difendere, senza contropartita, gli interessi dei deboli e degli oppressi. Ma come si può immaginare la liberalizzazione nel settore delle professioni se non si riesce neppure a far vendere i giornali fuori dalle edicole ? La difesa ad oltranza della rendita di monopolio delle categoria paralizza sempre più vasti settori dell’economia mentre nelle piazze i lavoratori intellettuali hanno sostituito le tute blù. I giovani disoccupati e gli esclusi, che costituiscono i gruppi sociali meno capace di organizzarsi e di essere portatori di consenso aggregato, sono destinati a restare per sempre fuori dal recinto. La politica, invece di incoraggiare e guidare il cambiamento, segue cercando di “scippare” qualche vantaggio lungo il percorso. E gli avvocati ? Epigoni di una stirpe in via di estinzione e senza il coraggio di invertire la rotta, sembrano, ormai, rassegnati ad un languido declino
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