L’ordine professionale ? un meccanismo che gira su sé stesso

La recente cd. riforma forense, attribuendo ai Consigli dell’ordine altre funzioni, ha previsto nel contempo la possibilità di delegarle ad un diverso soggetto. Così, ad esempio, secondo il V° comma dell’art. 7, “l’attività di formazione, svolta dagli ordini, può realizzarsi anche in cooperazione o convenzione con altri soggetti”. E chi saranno questi soggetti ? Naturalmente le Fondazioni, istituite in seno all’ordine e sotto la stretta direzione del consiglio, saranno utilizzate per erogare formazione, assolvere all’obbligo di aggiornamento e ad organizzare eventi. I quali saranno a pioggia perché l’obiettivo, come prevedibile, non è la qualità ma la quantità che meglio si presta ad accontentare il maggior numero possibile di iscritti sperando in un ritorno elettorale. Inoltre, la necessità di affidare la formazione a docenti autorevoli nelle materie di riferimento, retribuendoli, e di disporre di un’organizzazione efficiente, di una logistica e di mezzi adeguati consente di coltivare

relazioni sociali e di disporre di strumenti di scambio e di pressione in grado di canalizzare la clientela.  Il Consiglio, quindi, delega alla “sua” Fondazione l’attuazione concreta della formazione mantenendo il diretto e totale controllo sull’attività senza che nessuno abbia nulla da dire o se ne scandalizzi.

Lo stesso criterio viene adottato per la media-conciliazione in cui l’organismo di mediazione, che dovrebbe operare in autonomia, è una società, il cui capitale è interamente detenuto dagli ordini, costituita per gestire gli aspetti commerciali connessi alle loro funzioni istituzionali. Anche in questo caso, per elaborare e attuare il modello organizzativo è necessario avvalendosi di specifiche competenze aziendalistiche e manageriali. Così i rappresentanti degli ordini possono acquisire o mantenere clientele incrementando le loro reti di sostegno e le loro posizioni personali: forse non è solo lo spirito di servizio a spingere i candidati alle elezioni dei consigli dell’ordine !

Queste professioni, eufemisticamente definite libere, operano a circuito chiuso con un albo, un ordine, propri codici di autoregolamentazione, una giurisdizione propria e, per amministrarla, giudici propri appartenenti alla stessa categoria dei giudicandi, che decidono per salvare un sistema dal quale ricavano onori e benefici. Difficile, però, stupirsi della struttura corporativa degli ordini professionali in un Paese senza mercato, fondato sull’illegalità diffusa e sul conflitto d’interesse generalizzato in cui ogni categoria è auto-riferisce, si auto-protegge, si auto-promuove, si auto-indigna e si auto-giudica in un meccanismo che gira su sé stesso.

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