“Le professioni non serve abbatterle basta inflazionarle” scriveva Lenin. Ma non combattendo l’inflazione si favorire la statalizzazione. Così comincia a svanire il sogno di tante generazioni che han no studiato nella speranza di poter svolge la propria attività con mezzi prevalentemente propri, con piena discrezionalità, senza vincoli di subordinazione rispettando solo i limiti e le condizioni del contratto stipulato col committente. Con l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri (28.01.2016) di un Jobs act degli autonomi, che disciplina il lavoro di 5 milioni e mezzo di professionisti e partite Iva, e con uno “Statuto”, con il quale il Governo intende estendere anche ai professionisti le tutele previste per i lavoratori dipendenti, le professioni cominciano a perdere la libertà, Infatti, hanno imboccato il viale del tramonto inoltrandosi in un processo di statalizzazione che li porterà, inevitabilmente, sotto il tallone dell’esecutivo. Si comincia col trasferire le controversie relative ai rapporti di lavoro autonomo dal giudice ordinario alla competenza del giudice del lavoro ed organizzando il settore in modo che sia la legge ad intromettersi sui ritardi nei pagamenti, sulle transazioni commerciali tra professionisti e imprese e sulla corretta applicazione delle forme di collaborazione con i committenti, armonizzando le norme con quelle già introdotte dal Jobs Act. Viene, inoltre, creato un Fondo per tutelare il lavoro autonomo non imprenditoriale (professionisti iscritti agli Ordini, partite Iva), che, quindi, deciderà quali siano i professionisti da tutelare e quali quelli da lasciar affondare. Cosa resta di libero in una professione così congegnata ? In un contratto di carattere privatistico si ingerisce lo Stato per porre sotto il suo controllo un’altra consistente fetta dell’economia. Altro che liberalizzazione ! Col pretesto di proteggere i giovani che fanno fatica a sopravvivere, lo Stato interviene creando, addirittura uno sportello per gli autonomi nei centri per l’impiego cercando di equiparare il reddito da lavoro professionale a quello dipendente e di eliminare il rischio, insito in ogni attività imprenditoriale. Appare evidente il tentativo di garantire un compenso minimo attraverso il ripristino delle tariffe già cancellate dall’Unione europea, dalla legge e dal buon senso. Così le professioni stanno svendendo la propria autonomia e la propria indipendenza dalla politica allontanandosi dai loro veri datori di lavoro; cittadini e imprese. Invece di chiedere l’eliminazione dei vincoli ne cercano altri confidando nella benevolenza e nella committenza pubblica. Ma i professionisti non starebbero meglio se lo Stato li lasciasse liberi di organizzarsi come credono ? Questa è la domanda cui i vertici non riescono a dare una motivata e convincente risposta !
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