Faltan cabezas.

Mancano gli uomini, lamentava Olivares il grande ministro di Filippo IV°. Il paese più ricco e potente del mondo, pur disponendo di enormi quantità di oro che i conquistadores inviavano dal Messico e dal Perù non aveva cervelli capaci d’impiegarlo. La Spagna di allora usava quelle immense ricchezze per mantenere la burocrazia ed i privilegi della corona e dei cortigiani in modo non dissimile dall’Italia

di alcuni secoli dopo la cui impalcatura si regge sul principio d’autorità che, a sua volta, implica la riduzione del popolo ad una massa acefala tenuta all’obbedienza. Abbiamo così partorito una democrazia senza popolo, un assetto sociale fondato sulle corporazioni e pietrificato in rigide gerarchie ed una borghesia parassitaria che, invece di far circolare il denaro, investe in immobili per chiudersi dentro e sbattere la porta in faccia al futuro. Dio ci ha dato un Paese con tutte le condizioni per diventare una grande economia industriale ma non gli uomini capaci di governarlo. E quelli che ci ha dato, a furia di ricevere onori e privilegi, sono convinti di meritarseli. L’istruzione non serviva e non serve a cambiare status e condizione economica perché cariche ed incarichi vengono affidati per via amicale e secondo la capacità di pressione che le reti in cui si è inseriti sono in grado di esercitare. L’assenza di cervelli inchioda il Paese ad un passato che non passa ed impedisce il ricambio di una classe dirigente che si rinnova per cooptazione. Chi è insediato al vertice, per restarci, si è annessa la burocrazia che, lautamente retribuita, non solo ha rinunciato alla sua autonomia ma si presta, addirittura, a fare da scudo agli appetiti politici. Le istituzioni, quindi, sono presidiate da una guarnigione fragile, inefficiente, demotivata e selezionata secondo clientela. sulla quale, peraltro, “gli eletti” stanno cercando di scaricare la responsabilità del disastro. La borghesia, invece di consentire ai migliori delle classi inferiori di ascendere alle classi superiori, ha bloccato il sistema ed è implosa proletarizzandosi. Non a caso tiene al titolo accademico forse più di quanto l’aristocrazia tiene a quello nobiliare. Il voto quindi serve solo a stabilire la quota di potere che ogni partito è deputato a gestire. E, infatti, si condanna la democrazia diretta per l’incapacità degli elettori mentre si giustifica quella degli eletti.

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