Gli ordini producono rendita, sottraggono risorse alle imprese e costituiscono camicie di forza dannose per i giovani, per le imprese e per la bilancia dei pagamenti (per le consulenze sono sempre più numerose le richieste ad attrezzati studi stranieri). Uno stato liberale eliminerebbe queste incrostazioni parassitarie e pretenderebbe chiarezza di compiti e di funzioni: ciò che è pubblico lo sia in modo trasparente e dipenda da chi rappresenta i pubblici poteri. Ciò che è privato – imprese o servizi che siano – sia lasciato libero di confrontarsi sul mercato senza altri vincoli che quelli generali già esistenti (esami di Stato non gestito dagli Ordini corporativi, Antitrust, ecc). La professione forense rappresenta la metafora ideale per comprendere i meccanismi che rendono il sistema politico complice degli assetti corporativi. Ogni qual volta si prospettano riforme che possano offrire vantaggi ai cittadini o alleggerire le incombenze delle imprese, gli Ordini insorgono denunciando rischi inesistenti; è il caso dei parlamentari – avvocati che, con scarso senso dello Stato, hanno minacciato di non votare la manovra finanziaria, se da essa non fossero state stralciate le disposizioni riguardanti gli ordini professionali o quando l’avvocatura si è opposta alla legge sull’indennizzo diretto ed a quella sulla mediazione obbligatoria. Per non parlare dei commercialisti che ostacolano il funzionamento dello sportello unico per le attività produttive e definiscono grave “la prospettiva di specifici accordi con la P.A., per assicurare l’accelerazione degli adempimenti procedurali delle imprese”.
La lentezza e l’inefficienza della giustizia è in parte dovuta all’opposizione delle corporazioni dei professionisti nei confronti di ogni forma di semplificazione in grado di diminuire il peso delle intermediazioni (avvocati, giornalisti, commercialisti, notai, farmacisti, ecc.). Ne deriva un danno economico rilevante per i riflessi che un sistema così farraginoso e inefficiente determina sugli investimenti, sul credito, sulla certezza dell’assolvimento degli obblighi contrattuali.
Allo stato il governo si è impegnato a “formulare alle categorie interessate proposte di riforma in materia di liberalizzazione dei servizi e delle attività economiche”, ma tra le parti politiche, tutte, c’è la volontà di mantenere inalterato un sistema che garantisce l’appoggio elettorale degli interessi organizzati. Ed allora, visto che siamo costretti a fare quelle riforme che ci sono imposte dall’Unione Europea, non vorremmo che fosse, ancora, la collettività a doversi far carico del mantenimento delle categorie professionali , per esempio delegando alcuni adempimenti legali ai professionisti al solo scopo di compensare le perdite che potrebbero derivargli dai privilegi perduti. E il cittadino ? Paga, tace e campa in pace.