Il sistema degli albi è deceduto anche se la classe politica tiene il cadavere nel freezer non per riscuotere la pensione ma per canalizzare il consenso. La tecnologia, infatti, ha fatto saltare i blocchi sociali rendendo fluida la società, inutile la predefinizione di ogni lavoro ed obsoleto il sistema costruito su ordini e categorie. La vicenda che ha contrapposto i tassisti milanesi alla società Uber è la metafora ideale per leggere la morte del sistema verticistico fondato sulle categorie. La predetta società offriva, attraverso un’applicazione su smartphone (Uberpop), anche ai privati cittadini la possibilità di effettuare corse a pagamento, aggirando le norme su tassametro e stazionamento in autorimessa e stravolgendo limiti territoriali e tempi del servizio. Non potendo fare altro i tassisti hanno paralizzato la città, strumentalizzando i cittadini per riportare nuovi problemi sui vecchi binari della concertazione. La politica, sempre pronta a mediare per passare all’incasso elettorale, ha preso il solito provvedimento che lenisce il dolore ma non cura la malattia: ha qualificato l’attività degli Uber esercizio abusivo della professione ed ignorato che l’interruzione di pubblico servizio è un reato penalmente perseguibile. Peraltro, il ministro è intervenuto, senza che nessuno sollevasse la questione, scavalcando l’Authority per i trasporti istituita proprio per occuparsi di queste situazioni. Le quali sono destinate a ripetersi fino a quando le grandi città non si doteranno di un piano traffico che consenta alle auto pubblico di fare più corse tanto da poter ridurre le tariffe in modo che i cittadini siano indotti ad utilizzare più spesso il servizio. Ma se i tassisti contestassero l’assenza del piano traffico correrebbero il rischio di vedersi revocare le licenze o di subire rappresaglie. E il cittadino ? È un pretesto in nome e nell’interesse del quale possono compiersi le peggiori nefandezze.
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