Gli addetti alla produzione sono lavoratori, tutelati dalla Costituzione e dai sindacati, mentre coloro che gestiscono beni o servizi per conto dello Stato, sono percettori di rendite in quanto svolgono un’attività senza correre alcun rischio. Questi ultimi sarebbero tutelati dagli ordini professionali. Le nuove tecnologiehanno frantumato i blocchi sociali ma sindacati e ordini continuano a difendere le “reliquie” ed a conservare una rappresentatività utile solo a riciclare i vertici in politica.I disoccupati, quindi, resteranno tali fino a quando non avranno una lobby a tutelarne le ragioni. In Europa siamo il Paese con il sindacato più forte che difende i lavoratori peggio pagati e con gli ordini professionali più forti a tutela dei professionisti con i redditi più bassi. I giovani che vogliono accedere al mondo del lavoro si scontrano con gli ordini professionali e con i sindacati che sono in perfetta sintonia nel proteggere le posizioni di chi ha già un lavoro ma indifferenti ai problemi di chi sta fuori del recinto. La marginalità sociale è l’effetto della non organizzazione perché lo Stato tutela solo gli interessi costituiti ancorché minoritari. Così, ad esempio, l’assenza di retribuzione dei praticanti avvocati non turba il sonno dei sindacalisti, la complicità dei quali, invece, è stata decisiva nel salvataggio di aziende senza prospettive e nell’incremento della spesa pubblica: ma i soldi sono dei contribuenti mentre gli iscritti sono i loro. Così, ogni lobby tutela i suoi alla faccia della collettività, alla quale dovrebbe pensare lo Stato. Il quale, invece,privilegiando le corporazioni e ignora i privi di rappresentanza, determinando il prevalere dell’appartenenza sulla competenza. Sono lavoratori solo le tute blù, peraltro in via di estinzione, mentre il governo pretende di conciliare la flessibilità del lavoro con la rigidità degli ordini. La verità è che l’Italia galleggia su un mare di corporazioni alle quali la politica, in cambio di sostegno elettorale, distribuisce le risorse sostituendo all’economia di mercato un mercato dell’economia. Il lavoro, quindi, non è più un diritto ma una merce che si compra e si vende al mercato della politica.
-
Articoli recenti
Commenti recenti
Archivi
- luglio 2025
- maggio 2025
- marzo 2025
- gennaio 2024
- ottobre 2023
- luglio 2023
- giugno 2023
- maggio 2023
- marzo 2023
- luglio 2022
- novembre 2021
- settembre 2021
- luglio 2021
- dicembre 2020
- luglio 2020
- giugno 2020
- dicembre 2019
- ottobre 2019
- giugno 2019
- maggio 2019
- aprile 2019
- marzo 2019
- febbraio 2019
- novembre 2018
- ottobre 2018
- settembre 2018
- luglio 2018
- giugno 2018
- aprile 2018
- marzo 2018
- febbraio 2018
- gennaio 2018
- dicembre 2017
- novembre 2017
- ottobre 2017
- settembre 2017
- agosto 2017
- luglio 2017
- giugno 2017
- maggio 2017
- aprile 2017
- aprile 2016
- febbraio 2016
- gennaio 2016
- dicembre 2015
- novembre 2015
- ottobre 2015
- settembre 2015
- agosto 2015
- luglio 2015
- giugno 2015
- maggio 2015
- aprile 2015
- marzo 2015
- febbraio 2015
- gennaio 2015
- dicembre 2014
- novembre 2014
- ottobre 2014
- settembre 2014
- agosto 2014
- luglio 2014
- giugno 2014
- maggio 2014
- aprile 2014
- marzo 2014
- febbraio 2014
- dicembre 2013
- novembre 2013
- giugno 2013
- maggio 2013
- aprile 2013
- marzo 2013
- febbraio 2013
- gennaio 2013
- dicembre 2012
- novembre 2012
- ottobre 2012
- settembre 2012
- agosto 2012
- luglio 2012
- giugno 2012
- maggio 2012
- aprile 2012
- marzo 2012
- febbraio 2012
- gennaio 2012
- dicembre 2011
- novembre 2011
- dicembre 2010
Categorie
Meta