Riuscirà il Ministro Calenda a guardarsi allo specchio senza vergognarsi pensando di dover sostenere che la pianta organica, di notai e farmacisti, risponde all’interesse dei cittadini. I quali sono ben felici di fare chilometri per comprare un’aspirina ? Riuscirà ad ingoiare il disegno di legge sul riconoscimento degli home restaurants e quello per l’istituzione dell’albo dei pizzaioli sponsorizzato sia dal Pd che dal Pdl con un identico articolato ? Potrebbe puntare i piedi ma non lo farà “per il bene del Paese”. Il quale, invece, avrebbe bisogno di uno scossone per liberarsi dalle zecche ! Quando si tratta di distribuire riconoscimento e di creare strumenti di canalizzazione del consenso i politici sono sempre trasversalmente anche se questo si traduce nell’imbracare altre attività in un Paese in cui non mancano le corporazioni. Intrappolare ogni lavoro in una corrispondente figura giuridica crea problemi a chiunque voglia intraprendere un’attività e lo invoglia ad andare altrove. La pizza, patrimonio dell’Umanità, oggi non esiste perché il pizzaiolo è “un lavoratore fantasma privo di titoli giuridicamente efficaci”. E Allora ? Ecco che, in spregio alle indicazioni dell’Antitrust, per fare il pizzaiolo diventa indispensabile frequentare un corso, superare un esame, acquisire un diploma ed iscriversi ad un elenco riconosciute dal ministero dello Sviluppo economico e gestito da un ordine. Al quale la legge affida in regime di monopolio, il controllo di un intero settore economico, e di chi vi opera, e il business della formazione: cioè rendite di posizione”. Corsi, esami, diplomi, iscrizioni e contributi, obbligatori ed a pagamento per impastare acqua, farina e lievito ! E la casta della pizza è servita ! In compenso avremo un controllo sulla professionalità come quello esercitato dal collegio dei periti industriali di Bologna che ha attribuito tre crediti formativi ai partecipanti al Convegno “Cambiare si può” per sponsorizzare il sì al referendum. Pizzaioli non ci si può improvvisare ma politici sì !
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