Ma il cittadino meglio lasciarlo solo. Lo Stato, infatti, si rivolge a cittadini e imprese solo per imporre nuovi oneri o per affidarli allo sfruttamento di qualche categoria organizzata. La crisi economica che dura da quasi 6 anni si è ulteriormente aggravata ma la politica non intraprende mai le iniziative urgenti ed incisive di cui il Paese ha bisogno frenata, non dal costo economico, ma dal prezzo politico che, sarebbe costretta a pagare a quelle strutture sulle quali ha costruito, e fonda, la base del consenso elettorale. La complessità delle procedure, che gravano sulle imprese, e l’invadenza dello Stato nell’economia costituiscono alcuni dei principali fattori che allontanano gli investimenti esteri e spingono le nostre imprese a delocalizzare ma la semplificazione, di cui si parla da qualche decennio è un’operazione troppo dolorosa perché andrebbe a toccare uno strumento di acquisizione del consenso che i partiti sono trasversalmente d’accordo nel preservare. Come possono, dopo aver parcellizzato il potere rappresentativo, col pretesto di essere più vicini ai bisogni del cittadino, e dopo aver incrementato in modo esponenziale l’apparato burocratico, affrontare i sindacati, che hanno il loro nocciolo duro nel pubblico impiego e ridurre quei poteri che ha contribuito ad accrescere ? Come possono spiegare ai tanti “ducetti” che non possono più esercitano spregiudicatamente il loro potere di interdizione ? Per “piazzare” i loro fiduciari in questi snodi della vita pubblica hanno sommato alle prerogative statali quelle di Regioni, Province, Comuni, Circoscrizioni etc. ed ora sono prigionieri della ragnatela che hanno creato. Questa classe politica potrà immettere liquidità nel sistema, se la trova, o emanare norme anticorruzione ma non lascerà mai posto alle imprese né ridurrà il perimetro del pubblico anche se ormai è fin troppo evidente che la corruzione prospera nella discrezionalità politica e si annida negli interstizi tra pubblico e privato. Ma fino a quando potranno sfornare nuove leggi senza mai far applicare quelle esistenti ? Fino a che punto le ragioni del consenso possono prevalere su quelle del Paese?
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