Mentre nelle democrazie avanzate alla rappresentatività si sta progressivamente sostituendo la partecipazione e alla delega subentra l’intervento diretto reso possibile dalla tecnologia, in Italia si continua a privilegiare un modello sociale che valorizza l’appartenenza, la provenienza e l’albero genealogico. Quando, però, «le appartenenze contano più dei diritti e dei doveri di cittadinanza si riduce il suo tasso di democrazia e le libertà individuali sono cellule tumorali da anestetizzare col pretesto dell’asimmetria.La stessa esperienza dei referendum sta lì a dimostrare quanto il cittadino sia invocato come spettatore ma sia sgradito quando pretenda di essere un interlocutore. Anche quando si raggiunga un «quorum» che il legislatore cerca di rendere sempre più irraggiungibile chi è insediato al vertice vanifica, con disinvoltura, gli effetti dei referendum. Così, ad esempio, in spregio alla volontà popolare, che si era espressa per la soppressione del Ministero dell’Agricoltura, un Parlamento compatto lo ha ricostituito con la denominazione di Ministero delle Risorse Agricole attribuendogli la stessa sede, le stesse competenze, le stesse strutture e la stessa inutilità. Così furono neutralizzati gli effetti del referendum del 1993, che aboliva il finanziamento pubblico dei partiti, sostituendolo con un meccanismo di rimborso elettorale che lo ha fatto rimpiangere, e quelli del referendum, promosso dai radicali nel 1995, in cui gli italiani si espressero contro la trattenuta automatica dei contributi dalla busta paga a favore dei sindacati, vanificato inserendo l’obbligo della trattenuta nei contratti collettivi di lavoro. Questa democrazia consegna il cittadino allo «sfruttamento» delle categorie organizzate, ignorandone e calpestandone la volontà sempre e comunque. Non c’è alcuna circostanza in cui sia valorizzato l’apporto dei singoli individui, il cui interesse è solo un pretesto per moralizzare scelte immorali. Il singolo conta solo in virtù di un’affiliazione come dimostra chiaramente la vicenda dell’applicazione per smartphone (Uber) in cui la categoria organizzata dei tassisti è privilegiata nei confronti degli interessi dei cittadini, non organizzati seppur più numerosi, che attraverso l’app vorrebbero arrotondare e degli altrettanti che vorrebbero spostarsi a costi contenuti. Questo modello organizzativo della società ignora l’individuo e lo consegna legato allo sfruttamento delle lobbies. Così ognuno deve appartenere a qualcun altro e se vuole contare è costretto ad affiliarsi. E pensare che le istituzioni dovrebbero tutelare gli interessi generali e non quelli costituiti…
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