Gli uomini, come scriveva Hobbes nel 1651, “si uniscono nella società e nello Stato per sfuggire alla condizione di precarietà e insicurezza e nella prospettiva di perseguire tali finalità accettano di essere guidati e governati da un’unica volontà”. Lo Stato, quindi, nasce per garantire la libertà e la sicurezza ma in Italia sono, ormai, in molti a ritenere che la nostra organizzazione statale non sia in grado di farlo. Il diritto di proprietà viene eroso dal mancato funzionamento della giustizia, la libertà d’impresa è ostacolata dall’inefficienza della pubblica amministrazione e la sicurezza è solo un pretesto per tutelare le lobbies dall’invadenza degli abusivi. Lo Stato sta esplicitamente abdicando al suo ruolo per cui aumenta il numero di coloro che, per difendersi da furti, scippi e stupri acquistano armi mentre nelle città si ricorre ad una patetica forma di giustizia fai da te, affidata a gruppi di volontari, che setacciano i quartieri più a rischio mentre si moltiplicano i seminari per insegnare alle famiglie a gestire i sequestri ed a trattare con i banditi. Il Parlamento, intanto, scrive, con la testa nell’urna, leggi incomprensibili e mal coordinate tra loro, per inasprire le pene delegando alla magistratura il compito e la responsabilità di interpretarle. Aumenta le pene ma non attribuisce alle “forse” dell’ordine gli strumenti necessari per il controllo del territorio, destinando più risorse alle scorte per i politici che alla sicurezza dei cittadini. Stabilire pene elevate, se non si riesce a catturare i responsabili, a celebrare i processi ed a garantire che vengano scontate per intero quelle già previste, è solo propaganda elettorale. Così, l’uomo qualunque diventa qualunquista per la sfiducia nei confronti dell’amministrazione. Se lo Stato non è in grado di garantire la sicurezza può impedire ai cittadini di armarsi per difendersi ? Molti, purtroppo, cominciano a pensare sia meglio legalizzare il “pizzo” al quale, in fondo, corrisponde una protezione effettiva
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