Ma c’è ancora la concertazione ?

Sul Corriere della Sera del 12.07.2012  il Presidente del Consiglio Monti affermava “il metodo della concertazione ha generato i mali contro cui noi lottiamo e a causa dei quali i nostri figli non trovano facilmente lavoro…..Le parti sociali devono poter esprimere il proprio punto di vista, devono essere ascoltate ma sulla gran parte delle materie che coinvolgono interessi pubblici devono restare parti e non possono diventare soggetti nei confronti dei quali il Governo dia in outsourcing responsabilità politiche”. Evidentemente al Ministro della Giustizia deve essersi distratto se ha convocato per il 13 novembre gli organi dell’avvocatura e associazioni satelliti per concertare una riforma forense che tocca interessi generali e incide sulla competitività del Paese. Lo Stato, quindi, sta rinunciando al suo ruolo super partes per trasformarsi nella cinghia di trasmissione di interessi particolari sostituendo l’accordo con le categorie all’interesse generale. Ma, quando la legittimazione a governare scaturisce dall’assenso delle categorie e non dal consenso elettorale, concertazione e corporativismo coincidono con buona pace del suffragio universale.

Ora, qualche migliaio di avvocati, che rappresentano meno dello 0,50% degli iscritti all’albo, tiene in scacco il Parlamento, ossessionato dalle scadenze elettorali, e impone una riforma, dannosa per i cittadini, per le imprese, per i giovani e per gli stessi iscritti. I quali, vivono il pagamento del contributo come un pedaggio per lavorare. Così il Ministro della giustizia si è impantanato in un’estenuante braccio di ferro mentre l’avvocatura, che per legge dovrebbe tutelare gli interessi della collettività prima che quelli della categoria, contesta tutti i provvedimenti governativi che possono sottrarre lavoro agli iscritti, a prescindere dai benefici per il Paese, e confida nella definitiva approvazione di un Ddl che ci farebbe sprofondare in un nuovo Medioevo.

Un Governo, che governi, dovrebbe mettere al centro l’individuo per difenderlo dagli interessi organizzati e non aiutare le categorie a sopraffarlo. Sembra, invece, di essere tornati alla concertazione che, istituzionalizzando i ruoli, escludendo i protagonisti “silenziosi”, evitando la crescita dei meno numericamente rappresentativi e impedendo l’accesso al tavolo agli interlocutori scomodi o non graditi a quelli già presenti, scade nel consociativismo.  La credibilità del Governo non è legata soltanto alla sobrietà dei comportamenti ed ai provvedimenti che assume ma anche ai segnali che riesce a trasmette ai cittadini. I quali sono stanchi di assistere ai soliti giochetti e vorrebbero, finalmente, sapere se devono cercarsi un padrino o se possono vivere, lavorare, intraprendere senza essere costretti ad un’appartenenza.

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