Con i politici con la testa nell’urna ed una rappresentanza resa discutibile dall’obbligatorietà dell’iscrizione, l’avvocatura italiana si è radunata a Congresso, rivendicando il suo contributo all’organizzazione ed all’amministrazione di una giustizia, che gli altri Paesi certo non ci invidiano e che rappresenta uno dei maggiori ostacoli agli investimenti stranieri in Italia. Rivendica, quindi, il suo ruolo di ammortizzatore tra un cittadino che chiede giustizia ed uno Stato che non è in grado di assicurarla, accentuando così le sue corresponsabilità nel mancato funzionamento della giustizia. In un Congresso che si è svolto nella più totale indifferenza dei cittadini nel cui interesse gli avvocati affermano di operare, quasi lo 0,50 degli iscritti all’Albo ha chiesto l’approvazione definitiva di un disegno di legge per garantire la dignità e il decoro dell’avvocato nella determinazione di una adeguata retribuzione; il divieto d’ingresso di soci di puro capitale nelle società professionali, l’esclusiva della consulenza legale e tanti privilegi singolarmente insignificanti ma che, uniti, blindano il settore. E’ una statalizzazione della professione con l’adeguata retribuzione che corrisponde alla retribuzione minima del pubblico impiego. Ma tale riforma, se diventasse legge, produrrebbe effetti devastanti non solo per i cittadini e per il Paese ma anche per gli stessi avvocati che, politicamente assecondati e guidati con la bussola elettorale, sarebbero bypassati dalla tecnologia e spazzati via dagli omologhi stranieri cui è concessa la possibilità di operare senza i vincoli che ci paralizzano. Basterebbe tendere lo sguardo al di là dei nostri confini per rendersi conto di come gli altri paesi abbiano, e già da tempo, adeguato l’assetto delle professioni alle esigenze del mercato ma, evidentemente, altrove esistono professionisti che privilegiano il benessere collettivo a quello della categoria e governanti che prescrivono le medicine necessarie e non quelle volute dal malato. In Italia, invece, c’è una banda di ristoratori che si occupano soltanto di attrarre clienti senza saper cucinare e rischiando di avvelenarli. Così i suggerimenti degli economisti e degli studiosi, i richiami dell’Unione Europea, la comparazione con gli altri paesi, le proteste delle imprese e le pubblicazioni sul tema sono soltanto sterili esercizi intellettuali. Le idee non servono; è solo un problema matematico. Le categorie ottengono privilegi in proporzione al numero di elettori che sono, o fanno credere di essere, in grado di portare al seggio, così come l’economia favorita solo se organica al mondo dei partiti.
Monti, chiamato a risolvere i problemi del Paese, deve fare i conti con i partiti correndo il rischio di uccidere il cane e salvare le zecche.