L’elaborazione dottrinale e la ricerca di soluzioni sono sterili esercizi intellettuali per una classe politica che, trascina il Paese nell’autarchia, preoccupandosi della sua sopravvivenza, senza tener conto delle conseguenze dei provvedimenti assunti: senza cervello ma col pallottoliere. Per farlo rafforza il sistema ordinistico ed istituisce nuovi Albi che rappresentano una barriera al diritto di chi sta fuori di esercitare, pur avendone i requisiti, la corrispondente attività. Nella costituzione non esiste, come scriveva Luigi Einaudi, “alcuna norma che obblighi il cittadino a munirsi di certificati provvisti di bolli più o meno vistosi per dimostrare la propria attitudine ad esercitare un qualsiasi lavoro. Non esiste, perché inutile, avendo lo stato, gli enti pubblici ed i privati il diritto di controllare, nel modo che ritengono più opportuno, se all’opinione del cittadino risponde l’attitudine sua affettiva”. Ma la Costituzione è diventato uno strumento da stiracchiare, tirandolo in ballo ad orologeria, per supportare anche le tesi più improbabili. Così il cittadino è diventato un pretesto per dare un senso etico all’interesse particolare e per consentire all’odierna dirigenza di moralizzare il suo interesse a perpetuarsi. Il Governo di sinistra voleva delegare la riforma agli stessi ordini e quello di destra ha fatto propria “la proposta di legge che ha raccolto il maggior consenso all’interno della categoria”. Tutti trasversalmente d’accordo nell’aiutare le categorie a sopraffare l’individuo la cui asimmetria è un bene prezioso da tutelare. Oggi il Governo Monti, sostenuto dai partiti ma non loro emanazione, mentre cerca di ridurre l’interferenza dello Stato nell’economia, si scontra con un Parlamento che, come Penelope, neutralizza di notte il lavoro fatto durante il giorno. I partiti, tutti schierati a difesa di un sistema ormai defunto, orientano le leggi con la bussola elettorale. Così il vecchio disegno di legge sulla professione forense licenziato dal senato nel 2010, ha attraversato, in tempi incredibilmente rapidi l’iter parlamentare approdando al Senato per l’approvazione definitiva. Non solo. Lo scorso 17 aprile la Camera ha approvato, sempre con il pieno accordo di tutte le parti, un DdL (n. 1934) che attribuisce il riconoscimento giuridico a circa 250 associazioni (dai gemmologi, ai riflessologi ai musicoterapeuti), introducendo il principio che ogni lavoro, per essere svolto, deve essere giuridicamente inquadrato e politicamente riconosciuto. La volontà di predefinire ogni nuovo lavoro con una corrispondente figura giuridica sclerotizza il mercato e ostacola la nascita di nuove attività ma non frena la corsa verso la statalizzazione. I riconoscimenti e le concessione del monopolio nella gestione dei rispettivi settori economici rispondono in pieno all’esigenza di chi è insediato al vertice di mettere le mani su tutto ciò che può produrre consenso e denaro. Il sistema, quindi, offre ai giovani che non intendono rinunciare alle proprie idee la sola alternativa di andarsene. Per restare in Italia, infatti, non basta il coraggio ci vuole l’eroismo.
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