Liberare il Paese dalle lobby per dare fiato all’Economia

Mentre il mondo industrializzato riduce i poteri statali per dare più spazio all’autonomia privata noi, come ha scritto Ferruccio dè Bortoli sul Sole24Ore, ci stiamo chiudendo “in una rivalutazione ottocentesca delle consorterie esaltando “le cuginanze” “che nell’era della globalizzazione e della moneta unica contano, ancora più che in passato”. La mancanza di competizione nell’economia impedisce di aggredire le corporazioni. Le quali, come sosteneva Adam Smith, “sono la fonte di un potere reale in grado di perpetuare la propria influenza sulla società, dato che esse non sono sottoposte alle leggi del Parlamento ma obbediscono solo ai propri regolamenti interni”. Infatti, come è emerso dall’indagine conoscitiva avviata dall’Antitrust per verificare lo stato di recepimento delle “lenzuolate” nel codice  deontologico i professionisti, hanno ignorano la legge applicando le disposizioni deontologiche. Inoltre, nelle corporazioni “non è mai chiaro chi effettivamente detenga il potere mentre gli unici mezzi per entrare a farne parte sono comportamenti di obbedienza, sudditanza, amicizie e matrimoni”. Secondo il principio mussoliniano “l’individuo non esiste se non in quanto è nello Stato e subordinato alle necessità dello Stato” per cui il liberismo economico ed il meccanismo della domanda e dell’offerta sono sostituiti dal dirigismo di Stato. In funzione del quale viene difeso il reddito degli inclusi, impedendo a chi sta fuori di insidiarlo e non per tutelare l’interesse generale. La creazione di un ordine risponde ad una scelta di “opportunità e l’apprezzamento delle ragioni che possano giustificarlo, appartiene alla sfera di discrezionalità riservata al legislatore” . Dietro l’interesse pubblico, che giustifica l’esistenza di un ordine, c’è l’interesse della categoria a sostituirsi al mercato alterandone il corretto funzionamento ed inquinando il rapporto tra politica ed economia.

La “fine della distanza”, sottraendo il mercato al controllo statale, ha liberato l’economia dalle restrizioni politiche velocizzando gli scambi ed eliminando l’intermediazione. Ma, il tentativo di comprendere le linee di tendenza dell’economia e lo sforzo di suggerire soluzioni al passo con i tempi si riducono a sterili esercizi intellettuali di fronte ad un Parlamento attento solo ai numeri e che trascura leggi importanti ma trova il tempo di assecondare l’avvocatura, approvando una  riforma forense che ci riporta al Medio Evo, e di costituire nuovi ordini, aggirando il divieto dell’Antitrust. Ma le leggi del mercato, come pronosticava Adam Smith, spazzeranno via le corporazioni mentre chi su di esse ha costruito le sue fortune politiche andrà a fondo a meno che non trovi qualcuno, credibile e disposto a fare da scialuppa di salvataggio, per salvarsi.

  

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