Se la Repubblica è fondata sul lavoro il sindacato è il suo profeta. Un profeta che, confondendo il diritto al lavoro con il diritto a mantenere sempre lo stesso posto di lavoro ha ucciso la mobilità e si è arroccato a difesa di chi il posto già ce l’ha ai danni di chi deve trovarlo. Anche se alcuni nomi sono cambiati non bisogna farsi troppe illusioni sul nuovo esecutivo che si è limitato ad incastrare i nuovi nel vecchio schema per omologarli. Non c’è alcun rinnovamento della classe di governo ma solo una turnazione nel godere dei privilegi che i politici si auto attribuiscono. I giovani cuochi, chiamati a rendere digeribile una pietanza andata a male, non sono emersi da un confronto su idee e programmi ma sono stati cooptati dal ceto politico tradizionale per continuare ad andare in scena senza cambiare il copione. Destra e sinistra non esistono e, quale che sia il Governo in carica, il consociativismo costituisce una realtà che chiunque sia al potere evita di scalfire per non correre il rischio di perdere consensi. Lo Stato, invece di promuovere la cultura nei cittadini, ne mantiene l’incapacità trasformandoli “in accattoni ricattabili che, per mestiere, fanno gli elettori”. Anche il Governo Letta non fa eccezione e si colloca sulla stessa scia dei precedenti: un ricambio solo anagrafico e un programma che somiglia tanto ad un menù redatto per accontentare tutti i gusti. L’assenza di una visione e di un progetto garantiscono l’inamovibilità del contesto e, con essa, la durata del governo in un Paese in cui nessuno và più lontano di chi non sa dove vuole andare. L’emergenza esime l’esecutivo dalla riorganizzazione della burocrazia, dal ridimensionamento delle corporazioni e dallo sciogliere i nodi strutturali che impiccano il Paese: non è all’ordine del giorno l’interesse del Paese ma la sopravvivenza della ragnatela corporativa che ne costituisce il telaio. La santa alleanza serve solo a permettere a ciascuna delle parti di mantenere la propria quota di potere, confidando nell’altrui senso di responsabilità ed in una ripresa dell’economia che possa creare posti di lavoro. I quali sono, da sempre, appannaggio degli amici, degli amici degli amici dei portatori di interessi posti alla base del consenso elettorale o di coloro che possono vantare un’appartenenza. Il mercato del lavoro è sostituito da una selezione amicale per cui, non esistendo alcun meccanismo di accesso autonomo, il lavoro non è un diritto ma una merce che si compra e si vende al mercato della politica. E’ un Governo di servizio …non per il Paese ma per il sistema !!
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