Si può tornare dalla frittata alle uova?

Partiti calibrati per conquistare e gestire tutto quanto possa produrre denaro e consenso, con un’apparente democrazia interna, disinteressati alla cosa pubblica ed al futuro del Paese, crogiolandosi nell’arroganza, fanno appello ad un senso di responsabilità che non hanno mai avuto tanto da continuare, nei teatrini televisivi, ad ipotizzare alchimie e, nel retrobottega, a cercare di sedurre i neoeletti. Sono gli stessi partiti e gli stessi leaders che, legiferando sulla base della convenienza e non dell’interesse generale, hanno privilegiato, a fine legislatura, la riforma forense su quella elettorale della quale, solo ora, si rincorrono a rivendicare l’urgenza. Nessun partito fa autocritica ed ammette le sue responsabilità. Il consenso si legittima da sé ed ogni mezzo per estorcerlo diventa moralmente inattaccabile. Il giusto e l’ingiusto, il vero o il falso, il morale e l’immorale sono definizioni la cui fisionomia dipende dall’utilità che rappresentano per i partiti che detengono l’integrale controllo del sistema. Anche Woody Allen sostiene che “La morale dei politici, in generale, è un gradino più giù di quelli che s’inchiappettano i bambini”. Sono state le espressioni colorite di Grillo che sembrano aver, finalmente segnato il prevalere della morale sulla politica, facendo entrare una ventata d’aria fresca negli apparati chiusi e sclerotizzati dei partiti. I quali, in mano a gruppi dirigenti con interessi propri e poltrone da difendere, hanno cancellato le scuole di formazione politica lasciando in vita qualche convention più passerella per i vecchi che rampa di lancio per i nuovi. I quali, se vogliono impegnasi, devono legarsi ad un “carro”, non manifestare opinioni diverse dal referente e strisciare per non inciampare.

Grillo, con il suo Movimento ha ridato voglia di partecipazione, ai Figli del disincanto che non si riconoscono più nella dicotomia destra/sinistra, non si sentono parte di nessuno dei due schieramenti e che, finora, si sono mobilitati solo su temi specifici (disoccupazione, precariato, ambiente…). Il web ed i social network hanno aperto nuovi canali di partecipazione ed un percorso politico orizzontale mentre l’attivismo è un clicktivism che livella le differenze socio economiche.

La classe politica, per non mettere a rischio i privilegi acquisiti e per non alienarsi il consenso delle lobby che la sorreggevano, non ha tenuto conto del malcontento pensando di poterlo, come ha fatto sempre, riassorbirlo coinvolgendolo. Ci riuscirà ? Se dividerà i grillini o li convincerà a sedersi al tavolo delle trattative, sicuramente sì ! Le riforme di cui il Paese ha bisogno devono essere radicali, senza mediazione e non può certamente realizzarle chi si trova al centro di una giungla corporativa alla quale è inevitabilmente legato da vincoli di decenza se non di ricatto. A meno che le giaculatorie televisive non servano a convincere u cittadini che l’inciucio è inevitabile. Certamente   chi ha fatto la frittata non è credibile se vuole ritrasformarla in uova !

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