La corruzione non finirà mai fin quando non saranno chiariti in modo inequivocabile i confini tra politica e affari, tra indirizzo politico e gestione concreta dell’economia. Tutte le terapie escogitate per non scalfire l’assetto corporativo, ivi compresa l’Authority ad hoc costituita, sono cure palliative destinate ad infrangersi sugli scogli del clientelismo. L’eterna tangentopoli italiana scaturisce dalle modalità di acquisizione del consenso e dal rapporto tra eletti ed elettori, dall’uso spregiudicato delle risorse pubbliche, come dimostra il moltiplicarsi della spesa pubblica, e prospera al riparo di un’immensa ragnatela che serve agli incapaci per fare carriera ed ai politici per restare a galla. Non sono in discussione le qualità delle persone cui sono affidate cariche ed incarichi ma il fatto che sia la politica a fare le nomine con l’inevitabile conseguenza che l’affidabilità e l’appartenenza prevalgono sui titoli e sulla competenza. Senza lo smantellamento della ragnatela che avviluppa il Paese, la ripresa servirebbe solo ad alimentare la corruzione, salvando il sistema e, con esso, una classe politica largamente screditata. I contadini, una volta, quando un morbo colpiva i conigli disinfestavano la gabbia con la calce viva, se la morìa continuava la inondavano con il gasolio per ammazzare i microbi portatori della malattia e, se questo non era sufficiente, davano fuoco alla gabbia. Se usassimo quel buonsenso capiremmo che, giunti al terzo stadio, non serve una legge per ogni singola distorsione perché la radice del male è unica e ben individuabile. Ma chi è insediato al vertice, o chi ha la speranza di essere cooptato, non ha il problema delle riforme ma quello di garantirsi la rielezione dopo averle fatte. Rassegniamoci, quindi, e facciamo finta di credere che chi ci governa voglia realmente combattere la corruzione ed i meccanismi che la producono. Ecco a cosa serve l’Europa ! a dettarci qualche regola costringendoci a rispettarla !
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