L’avvocatura ? Ha perso tutto ma salva la liturgia !

Il XXXIII° Congresso Nazionale Forense di Venezia si è concluso con le solite inconcludenti  mozioni approvate dal solito sparuto gruppo di avvocati che da oltre 30 anni è sempre ai vertici delle rappresentanze forensi, sempre gli stessi e sempre pronti a mettersi d’accordo con i ministri della giustizia alle spalle e alla faccia degli iscritti. L’obesità patologica, che ha proletarizzato la professione, è uno strumento di pressione nei confronti di una politica attenta solo al numero di elettori che ogni categoria è in grado di portare al seggio. Il numero dei congressisti, infatti, è talmente esiguo, rispetto ai 248.000 iscritti, da far pensare che siano assenti anche molti di quelli che ricoprono cariche negli organismi forensi. La scarsa affluenza alle urne in occasione delle tornate elettorali ed alle assemblee per l’approvazione dei bilanci inducono a ritenere che l’obesità sia frutto dell’obbligatorietà dell’iscrizione e che il contributo sia una tangente per poter lavorare. Ma ogni dibattito rischia di essere inutile “per decesso del rappresentato” Infatti, i redditi degli avvocati italiani con meno di 34 anni sono inferiori a 10.000,00 Euro, pari a circa 800 Euro mensili, senza tredicesima, senza ferie e senza le guarentigie tipiche dei lavoratori subordinati. E sono in picchiata. Inoltre, il 35% degli avvocati lavora senza uno studio proprio e senza la stima dei cittadini che vedono in lui un complice del mancato funzionamento della giustizia. Così gli  avvocati sono sempre più poveri, piccoli, sfruttati e sotto il tallone dell’ordine. Ma i vertici, enfatizzando il ruolo pubblico, intensificando i rapporti con la politica e piegandosi all’esecutivo, sono riusciti a portare la categoria sotto la soglia di sopravvivenza facendole, nel contempo, perdere la stima della collettività. Hanno perso tutto ma salvano la liturgia !

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